La composizione delle comete
Nonostante il loro aspetto talvolta vistoso e imponente, le comete sono corpi incredibilmente evanescenti. La loro estrema rarefazione può essere messa in evidenza in occasione di occultamenti di stelle: quando una cometa si trova a passare davanti ad una stella, il nostro occhio non percepisce alcuna differenza di luminosità, poichè persino la parte più densa della cometa, il nucleo, è perfettamente trasparente alla stella retrostante. Basti pensare che il calcolo della massa delle comete più vistose ha condotto a valori inferiori a 1 milionesimo di quella terrestre.
Una cometa può essere scomposta in tre parti: il nucleo e la chioma, che insieme formano la testa della cometa, e la coda.
Benchè piccolissimo, il nucleo è la parte più importante dell'astro, poichè contiene la maggior parte della massa del corpo e costituisce il serbatoio dei materiali. Quando infatti la cometa è ancora lontana dal perielio, si presenta come una semplice palla di ghiaccio senza alcun tipo di coda o chioma. Mano a mano che la distanza col Sole si riduce fino a raggiungere le tre unità astronomiche, il nucleo comincia ad entrare in attività: i materiali che lo compongono per azione del vento solare sublimano, passando cioè dallo stato solido direttamente a quello gassoso senza passare dallo stato liquido, formando la chioma e successivamente la coda, che sempre si sviluppa in direzione opposta al Sole.
La chioma assume dimensioni notevolmente maggiori rispetto al nucleo, fino ad arrivare a decine di migliaia di chilometri in prossimità del perielio.
I materiali che costituiscono la chioma vengono poi spinti dal vento solare a formare la coda, che può raggiungere diversi milioni di chilometri di lunghezza e assumere svariate morfologie e colorazioni. La forma della coda dipende da molti fattori, tra i quali la velocità e la direzione di espulsione delle particelle dal nucleo, forze gravitazionali e forze di repulsione della radiazione solare. In base a questi e altri fattori, la coda che si può ottenere può essere fondamentalmente di due tipi: di polveri o di ioni. La coda di polveri è formata dai materiali più pesanti, quali granuli e pulviscolo, e quindi la sua forma è corta e arcuata e la colorazione è bianca. Le code di ioni, invece, sono costituite da gas ionizzati dalla radiazione solare, quindi più leggeri del pulviscolo; per questo motivo possiedono una minore inerzia e possono essere sospinti più lontano. La coda di ioni, quindi, ha una struttura più lineare e può assumere diverse colorazioni, generalmente blu, a seconda del gas che la compone. Talvolta può capitare che a causa di cabiamenti del campo magnetico solare, la coda di ioni si interrompa e si stacchi dal nucleo. Nel giro di 30 minuti, comunque, il nucleo ricrea una nuova coda, mentre quella vecchia rimane visibile ancora per diversi giorni sempre più distante dalla testa della cometa e sempre più debole, fino a svanire.
Un terzo, ma anomalo, tipo di coda è quella che viene chiamata anticoda. L'anticoda è una scia luminosa, generalmente corta e stretta, che appare alle volte per un effetto di prospettiva nel prolungamento del nucleo della cometa in direzione del Sole, e cioè opposta alla coda pincipale. E' dovuta alla luce diffusa dalle polveri localizzate attorno al piano orbitale della cometa e allontanatesi dal Sole secondo una traiettoria fortemente deviata.
Abbiamo fin'ora sottolineato come le comete siano corpi molto rarefatti, ma quali sono esattamente i materiali che le compongono?
Grazie all'analisi spettroscopica iniziata nella seconda metà del secolo scorso sappiamo che il nucleo è costituito da ghiacci di CH4, NH3, H20 E C2N2 conglobati a materiale meteorico non volatilizzabile, quali silicati, metalli, ossidi e particelle di carbone. Nella chioma sono presenti invece composti molecolari gassosi come : C2, CN, CH, NH, OH e altri. Nella coda sono state trovate molecole ionizzate di CO+ e N2+. Nelle comete che si avvicinano molto al Sole, invece, compare spesso del sodio e altri metalli come il nickel e il ferro. Fino al 1970 le comete erano state osservate unicamente da Terra, fotografate o spettrografate. Dopo quella data, invece, sono cominciate le prime osservazioni dallo spazio mediante l'uso di satelliti artificiali. La prima cometa analizzata in questo modo fu la Tago-Sato-Kosaka, indagata dal satellite OAO-2. La sua osservazione fu molto importante perchè rivelò la presenza di una gigantesca nube di idrogeno che si estendeva attorno al nucleo fino ad una distanza di 1.700.000 Km. Lo stesso fenomeno fu osservato poco tempo dopo sulla cometa Bennet, che si scoprì avere un involuco d'idrogeno di ben 10 milioni di Km di larghezza e di 14 milioni di Km di lunghezza. Queste due ossevazioni e le altre che seguirono dimostrarono come le comete siano in realtà molto più estese di quanto appare con la semplice osservazione visuale o al telescopio.
Il 4 luglio 2005 la sonda statunitense Deep Impact entrò in collisione con la cometa Tempel1, dopo un viaggio durato 7 mesi. Lo scopo di questa missione era quello di analizzare la composizione della cometa, e per fare ciò la sonda ha colpito il nucleo del'astro in modo da sollevare il maggior numero di materiali possibile. Appena dopo l'impatto i telescopi terrestri hanno analizzato la luce sprigionata dalla collisione, e hanno rilvato la presenza di acqua, ma anche materiali organici come anidride carbonica, aldeide cianidrica, e composti più complessi come gli idrocarburi aromatici policiclici. Nessuno si aspettava di trovare composti organici su una cometa, fondamentali per la nascita della vita. Successsivamente il telescopio spaziale Spitzer ha rilevato minerali quali l'olivina e la calcite, ma anche argilla e carbonati, che si formano solo in presenza di acqua allo stato liquido. Resta però ancora da chiarire se l'acqua sia dovuta al ghiaccio fuso dal calore o se si tratti invece di pozze permanenti sulla superficie della cometa.
Una cometa può essere scomposta in tre parti: il nucleo e la chioma, che insieme formano la testa della cometa, e la coda.
Benchè piccolissimo, il nucleo è la parte più importante dell'astro, poichè contiene la maggior parte della massa del corpo e costituisce il serbatoio dei materiali. Quando infatti la cometa è ancora lontana dal perielio, si presenta come una semplice palla di ghiaccio senza alcun tipo di coda o chioma. Mano a mano che la distanza col Sole si riduce fino a raggiungere le tre unità astronomiche, il nucleo comincia ad entrare in attività: i materiali che lo compongono per azione del vento solare sublimano, passando cioè dallo stato solido direttamente a quello gassoso senza passare dallo stato liquido, formando la chioma e successivamente la coda, che sempre si sviluppa in direzione opposta al Sole.
La chioma assume dimensioni notevolmente maggiori rispetto al nucleo, fino ad arrivare a decine di migliaia di chilometri in prossimità del perielio.
I materiali che costituiscono la chioma vengono poi spinti dal vento solare a formare la coda, che può raggiungere diversi milioni di chilometri di lunghezza e assumere svariate morfologie e colorazioni. La forma della coda dipende da molti fattori, tra i quali la velocità e la direzione di espulsione delle particelle dal nucleo, forze gravitazionali e forze di repulsione della radiazione solare. In base a questi e altri fattori, la coda che si può ottenere può essere fondamentalmente di due tipi: di polveri o di ioni. La coda di polveri è formata dai materiali più pesanti, quali granuli e pulviscolo, e quindi la sua forma è corta e arcuata e la colorazione è bianca. Le code di ioni, invece, sono costituite da gas ionizzati dalla radiazione solare, quindi più leggeri del pulviscolo; per questo motivo possiedono una minore inerzia e possono essere sospinti più lontano. La coda di ioni, quindi, ha una struttura più lineare e può assumere diverse colorazioni, generalmente blu, a seconda del gas che la compone. Talvolta può capitare che a causa di cabiamenti del campo magnetico solare, la coda di ioni si interrompa e si stacchi dal nucleo. Nel giro di 30 minuti, comunque, il nucleo ricrea una nuova coda, mentre quella vecchia rimane visibile ancora per diversi giorni sempre più distante dalla testa della cometa e sempre più debole, fino a svanire.
Un terzo, ma anomalo, tipo di coda è quella che viene chiamata anticoda. L'anticoda è una scia luminosa, generalmente corta e stretta, che appare alle volte per un effetto di prospettiva nel prolungamento del nucleo della cometa in direzione del Sole, e cioè opposta alla coda pincipale. E' dovuta alla luce diffusa dalle polveri localizzate attorno al piano orbitale della cometa e allontanatesi dal Sole secondo una traiettoria fortemente deviata.
Abbiamo fin'ora sottolineato come le comete siano corpi molto rarefatti, ma quali sono esattamente i materiali che le compongono?
Grazie all'analisi spettroscopica iniziata nella seconda metà del secolo scorso sappiamo che il nucleo è costituito da ghiacci di CH4, NH3, H20 E C2N2 conglobati a materiale meteorico non volatilizzabile, quali silicati, metalli, ossidi e particelle di carbone. Nella chioma sono presenti invece composti molecolari gassosi come : C2, CN, CH, NH, OH e altri. Nella coda sono state trovate molecole ionizzate di CO+ e N2+. Nelle comete che si avvicinano molto al Sole, invece, compare spesso del sodio e altri metalli come il nickel e il ferro. Fino al 1970 le comete erano state osservate unicamente da Terra, fotografate o spettrografate. Dopo quella data, invece, sono cominciate le prime osservazioni dallo spazio mediante l'uso di satelliti artificiali. La prima cometa analizzata in questo modo fu la Tago-Sato-Kosaka, indagata dal satellite OAO-2. La sua osservazione fu molto importante perchè rivelò la presenza di una gigantesca nube di idrogeno che si estendeva attorno al nucleo fino ad una distanza di 1.700.000 Km. Lo stesso fenomeno fu osservato poco tempo dopo sulla cometa Bennet, che si scoprì avere un involuco d'idrogeno di ben 10 milioni di Km di larghezza e di 14 milioni di Km di lunghezza. Queste due ossevazioni e le altre che seguirono dimostrarono come le comete siano in realtà molto più estese di quanto appare con la semplice osservazione visuale o al telescopio.
Il 4 luglio 2005 la sonda statunitense Deep Impact entrò in collisione con la cometa Tempel1, dopo un viaggio durato 7 mesi. Lo scopo di questa missione era quello di analizzare la composizione della cometa, e per fare ciò la sonda ha colpito il nucleo del'astro in modo da sollevare il maggior numero di materiali possibile. Appena dopo l'impatto i telescopi terrestri hanno analizzato la luce sprigionata dalla collisione, e hanno rilvato la presenza di acqua, ma anche materiali organici come anidride carbonica, aldeide cianidrica, e composti più complessi come gli idrocarburi aromatici policiclici. Nessuno si aspettava di trovare composti organici su una cometa, fondamentali per la nascita della vita. Successsivamente il telescopio spaziale Spitzer ha rilevato minerali quali l'olivina e la calcite, ma anche argilla e carbonati, che si formano solo in presenza di acqua allo stato liquido. Resta però ancora da chiarire se l'acqua sia dovuta al ghiaccio fuso dal calore o se si tratti invece di pozze permanenti sulla superficie della cometa.