Introduzione alla sequenza spettrale
Teoria
- Righe Spettrali
- Unita' di Misura
Perche' tanti spettri diversi
Gia' negli anni 1860-1880 padre Angelo Secchi, Huggins, Vogel ed altri si erano accorti
che, a parte una esigua minoranza di spettri peculiari, tutti gli spettri stellari
potevano essere raggruppati in classi omogenee.
La classificazione di padre Secchi comprendeva 4 classi. Nella prima erano incluse le
stelle blu-bianche (come Vega o
Rigel) con poche o nessuna riga. Nella seconda aveva posto le stelle
gialle (come Arturo o Capella) con numerosissime righe sottili. Nella terza
le stelle rosse e arancioni con ancora molte righe sottili ma anche con bande di
assorbimento con la testa verso il blu ( Betelgeuse
o Mira Ceti) e nella quarta le stelle
rosso rubino con bande di assorbimento con la testa rivolta verso il rosso (Stelle al
carbonio, come 19 Psc ).
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Figura 1: Tipici spettri stellari come potevano essere osservati visualmente con gli
spettrografi a prisma dell'ottocento. Si nota il continuo su cui si sovrappongono righe
e bande. Dall'alto al basso gli spettri sono di Vega, sole, rPer
e 19 Piscium.
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Per comprendere la formazione di uno spettro occorre comprendere i vari meccanismi di
emissione della luce. Quelli che interessano per l'interpretazione degli spettri
stellari sono l'emissione continua di corpo nero e l'emissione e assorbimento atomico.
Lo spettro continuo dei corpi riscaldati (corpo nero)
Ogni corpo riscaldato emette radiazione con uno spettro continuo caratteristico che
dipende con buona approssimazione solo dalla temperatura. E' il fenomeno che osserviamo
scaldando un pezzo di metallo che dapprima e' rosso cupo e progressivamente diventa
piu' giallo e brillante quando ci si avvicina alla temperatura di fusione (circa 1500 K).
Per descrivere la distribuzione spettrale della radiazione emessa si fa l'ipotesi che
il materiale sia perfettamente assorbente a tutte le lunghezze d'onda e cioe' sia un
corpo perfettamente nero. Il "corpo nero" e' percio' un concetto ideale, piu' o meno
come il gas perfetto, a cui pero' molti sistemi reali (tra cui i plasmi incandescenti
stellari) si avvicinano abbastanza bene.
In un "corpo nero" si stabilisce un’equilibrio termico tra la radiazione e la materia.
Piu' energia termica contiene la materia e maggiore sara' l'energia dei fotoni in
equilibrio con la materia. I fotoni emessi da un corpo freddo avranno percio' lunghezza
d'onda maggiore di quelli emessi da un corpo piu' caldo.
La figura 2 illustra la distribuzione spettrale emessa da corpi neri di temperatura
differente.
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Figura 2: Distribuzione spettrale dell'energia emessa per unita' di superficie (normalizzata
al massimo) di 5 corpi neri a diverse temperature: 30000, 10000, 6000, 4000, 3000 K.
Si noti come per le alte e basse temperature il massimo di emissione cada fuori dalla regione
del visibile.
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Due leggi molto semplici regolano l’emissione del corpo nero. La legge di Wien dice
che la lunghezza d’onda del massimo di emissione vale
lmax
[mm]=2950/T dove T e’ espresso in gradi Kelvin.
La legge di Stefan-Boltzmann dice che il flusso di radiazione emesso da un
m2 di superficie e’ proporzionale alla quarta potenza della temperatura.
Cioe’ una stella di 5000 K emette 16 volte meno di una stella di 10000 K di pari diametro.
La fotosfera stellare (al di sopra della quale i gas diventano trasparenti) si puo'
approssimare ad un corpo nero e la sua emissione spiega il continuo che si osserva
negli spettri stellari. Dal massimo di emissione si ricava la temperatura della stella.
La formula completa, ricavata da Planck per la densita' spettrale di energia emessa per
cm2 di superficie vale E=(c1/l5)/[e(c2/KT)
] dove T e' in gradi Kelvin, l in cm, c1=3.7419 x 10
-5, c2=1.4288 cm K.
Spettri di emissione e assorbimento atomici e molecolari
Molti materiali (ad esempio i gas rarefatti e relativamente freddi delle atmosfere
stellari) non assomigliano al corpo nero poiche' gran parte degli elettroni
sono legati e assorbono o emettono soltanto particolari lunghezze d'onda.
Questo avviene poiche' gli elettroni all'interno degli atomi possono occupare solo
particolari orbite attorno al nucleo. Queste orbite hanno energie fisse per ciascun
tipo di atomo e possono essere calcolate mediante il formalismo della meccanica
quantistica.
Nella figura 3 e' descritto l'atomo di idrogeno, il piu' semplice (e' composto da un
solo protone e un solo elettrone che gli ruota attorno) e contemporaneamente
il piu' abbondante nell'universo.
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Figura 3: I salti energetici dell'unico elettrone presente nell'atomo di idrogeno.
Le orbite permesse sono identificate dal numero quantico n=1,2,3,4, ... e
possono essere anche raffigurate come stati energetici (diagramma a destra). Questa
rappresentazione e' sempre utilizzata per gli atomi piu' complessi.
Tutte le transizioni che terminano sull'orbita piu' bassa (stato fondamentale) generano
la serie di Lyman che cade nell'ultravioletto. Tutte le transizioni che terminano
sull'orbita con n=2 formano la serie di Balmer, nel visibile. Le lunghezze d'onda,
in Angstrom, delle righe della serie di Balmer possono essere ottenute dalla formula
911,4/(1/4-1/n2) in cui n=3 per Ha, n=4 per
Hb etc...
Le transizioni che terminano sull'orbita con n=3 formano la serie di Paschen che puo'
essere osservata (ad esempio nello spettro delle novae) tra 8203 e 18750 Å.
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Gli atomi piu' complessi hanno un maggior numero di elettroni e una quantita' via via
crescente di possibili stati energetici e quindi di righe spettrali.
L'atomo di Ferro, che e' pure particolarmente abbondante nell'universo, dispone di 26
elettroni e presenta migliaia di righe.
Quando un elettrone passa da un'orbita esterna ad una piu' interna perde energia che
viene emessa sotto forma di luce (fotone di energia pari alla differenza energetica
dei due livelli) generando una riga in emissione.
Una riga in assorbimento viene invece generata quando l'elettrone salta su un'orbita
piu' esterna avendo assorbito l'energia di un fotone di energia esattamente pari alla
differenza energetica dei due livelli.
Siamo cosi in grado di comprendere, almeno qualitativamente, l'origine degli spettri
stellari. Lo spettro continuo di corpo nero emesso dalla fotosfera viene selettivamente
assorbito a quelle lunghezze d'onda che corrispondono alle transizioni energetiche degli
atomi del gas.
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Figura 4: Formazione di uno spettro di assorbimento e di uno di emissione prodotti da
gas che circonda una stella. Per produrre uno spettro in emissione, i fotoni ultravioletti
fortemente energetici provenienti dalla stella eccitano gli atomi del gas che si rilassano
emettendo le radiazioni caratteristiche dei loro salti energetici.
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Il ruolo della temperatura. Popolazione dei livelli atomici e formazione degli ioni
Come abbiamo gia' visto, confrontando il continuo stellare con la forma dell'emissione
di un corpo nero si puo' ricavare la temperatura superficiale della stella.
La temperatura altera la popolazione dei livelli atomici e quindi le righe di assorbimento
che si possono osservare nello spettro. La differenza degli spettri stellari si deve
soprattutto a questo meccanismo.
La popolazione dei livelli elettronici e' regolata dalla statistica di Boltzmann che dice
che, una volta stabilito l'equilibrio termico, per due livelli con energia E1 e E2 vale
N1/N2=(g1/g2)xe(E1-E2)/kT, dove N1 e N2 sono i numeri di atomi sui due livelli e
g1 e g2 sono i pesi statistici (degenerazione o molteplicita’ magnetiche) dei livelli 1 e 2.
Esprimendo E in eV, la costante di Boltzmann vale 8.617x 10-5 eV/°K.
Talvolta l’energia dei livelli energetici di un atomo e’ espressa in cm-1. La conversione
in eV si effettua dividendo per 8065.541 cm-1/eV.
Se si conoscono invece i salti energetici in Å , per ottenere gli eV occorre dividere
12398,4 per il valore in Å.
Come esempio prendiamo i livelli con n=1 (il piu' basso possibile o fondamentale) ed n=2
dell'atomo di idrogeno. La differenza di energia (E1-E2) tra questi due stati vale 10,2 eV.
Quando la temperatura e' allo zero assoluto, tutti gli atomi di idrogeno hanno il loro elettrone
allo stato piu' basso, con n=1 pertanto lo spettro di assorbimento conterra' solamente
le righe della serie di Lyman. Al crescere della temperatura, sempre piu' elettroni popoleranno
gli orbitali con n=2, n=3 etc. La molteplicita' dello stato n=1 (1s) e' 2 mentre la molteplicita'
dello stato n=2 (2s+2p) e' 8. Quindi, applicando la formula di Boltzmann otteniamo che a 10000 °K il 0,04%
degli atomi e' salito all'orbitale con n=2. Nello spettro apparira' ora anche la serie
di Balmer.
Aumentando ancora la temperatura interviene la ionizzazione, cioe' l'atomo di idrogeno perde
il suo elettrone e quindi perde la possibilita' di assorbire la luce. E' per questo che
nelle stelle molto calde scompare lo spettro dell'idrogeno. Anche i metalli
ad alte temperature perdono i loro elettroni piu' esterni e siccome le transizioni delle
orbite piu' interne cadono nell'UV, le righe dei metalli scompaiono progressivamente
dagli spettri visibili delle stelle piu' calde.
Negli spettri astronomici, le righe degli ioni si identificano con il simbolo dell'elemento
seguito da numeri romani che indicano lo stato di ionizzazione. Cosi ad esempio "Fe I" sta per
Ferro neutro, "Fe II" sta per ferro ionizzato una volta, "Fe III" sta per ferro ionizzato
due volte etc..
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Figura 5: Intensita' delle righe degli atomi e degli ioni per le varie classi spettrali.
Elio ed elementi ionizzati dominano negli spettri delle stelle calde. La serie di Balmer
dell' idrogeno raggiunge la massima intensita' nella classe A2 mentre nelle stelle fredde
e' dominante il contributo dei metalli neutri.
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Nello spettro delle stelle piu' calde restano soltanto le righe dell'elio, la cui energia di
ionizzazione pari a 24.6 eV e' la piu' elevata di tutti gli elementi, quasi doppia di quella
dell'idrogeno (13,6 eV) e tripla di quella del Ferro (7,9 eV).
La temperatura e' dunque il fattore principale che determina quali righe di atomi o ioni sono
presenti in uno spettro stellare benche' la composizione chimica delle atmosfere stellari sia
pressoche' identica da stella a stella.
Ed e' il grande merito di Miss Cannon di averlo compreso agli inizi del 1900, grazie ad
un sistematico lavoro di osservazione degli spettri di 225'000 stelle, riordinando in ordine
decrescente di temperatura le classi spettrali fino ad allora introdotte.
Nasce cosi la sequenza spettrale O -
B -
A -
F -
G -
K -
M .
Le caratteristiche di ogni classe spettrale sono riassunte nella seguente tabella:
Classe | Temperatura (K) | Caratteristiche Spettrali |
O | +28'000 | He ed He+ per le piu' calde |
B | 28'000 - 12000 | He, Balmer, Si III, O II |
A | 12'000 - 7'000 | serie di Balmer molto intensa, deboli Mg II e Fe II |
F | 7'200 - 5'500 | Ca II, Balmer, Fe II, Ti II, Y II, Sr II |
G | 6'000 - 4'500 | Ca II, Balmer, metalli neutri (intensi NaI, Fe I) |
K | 4'700 - 3'000 | Ca II, prime molecole (CN, CH), metalli neutri (Na I, Fe I, CaI) |
M | < 3'300 | metalli neutri (Ca I, Na I, Fe I), molecole CH, CN, TiO |
Nelle stelle O, le piu' calde, sara' dominante l'elio ionizzato, nelle stelle B l'elio neutro,
poi l'idrogeno nelle stelle A. Nelle stelle F cominceranno a comparire
i metalli, soprattutto ionizzati pur restando evidente l'idrogeno. Nelle stelle G e K le
righe aumentano enormemente di numero, dovute sia agli elementi neutri che ionizzati
(prevalenti per numero e intensita' sono quelle del Fe). Infine nelle stelle fredde del tipo M
intere porzioni dello spettro saranno mascherate dalle bande di assorbimento delle molecole.
La classificazione degli spettri stellari attualmente in uso e’ un raffinamento,
proposto nel 1943 dagli astronomi Morgan, Keenan, Kellman (e pertanto il
sistema e’ noto come MKK) dell’originale classificazione fatta nel 1901 da Miss
Cannon.
Ogni classe spettrale e’ divisa da numeri in sottoclassi. Ad esempio la classe K
comprende le sottoclassi K1, K2, K3, K4, K5 in ordine decrescente di temperatura.
Nane e Giganti: il diagramma HR
Rispetto alla classificazione di Harward, la classificazione MKK aggiunge un secondo
parametro, che indica la massa della stella. Infatti come scoperto da Herzprung e Russel
nel 1914, per una certa temperatura (e quindi per una stessa classe spettrale) esistono
stelle nane, giganti o supergiganti.
Le stelle supergiganti vengono indicate dal parametro I, le stelle giganti luminose con II,
le stelle giganti con III, le stelle sub-giganti con IV e le stelle nane con V.
Ad esempio la classificazione spettrale completa del sole risulta G2 V.
I numeri romani, accostati alla classe spettrale, assumono un chiaro significato
osservando la distribuzione delle stelle sul diagramma HR (figura 5).
Le stelle con classe di luminosita’ V sono quelle di sequenza principale.
La classe di luminosita’ VI corrisponde alle stelle di sequenza principale di popolazione II,
povere di metalli.
La classe di luminosita’ D comprende le nane bianche .
La classe I delle supergiganti viene ancora suddivisa in Ia e Ib, essendo Ia stelle
eccezionalmente luminose.
La luminosita’ e’ espressa in magnitudini assolute, cioe’ la luminosita’ alla distanza di
10 parsec (32,6 anni luce).
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Figura 6: Diagramma di Herzprung-Russell che riporta la posizione delle stelle in base
alla loro temperatura (classe spettrale) e luminosita' (magnitudine assoluta). A pari
temperatura (e quindi pari classe spettrale) esistono stelle di luminosita' molto diverse.
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Dal diagramma HR si possono trarre numerose considerazioni.
Ad esempio una stella di sequenza principale M e’ 10 o 15 magnitudini piu’ debole di una stella
di sequenza principale G come il sole. Le nane rosse dunque, anche essendo estremamente numerose,
saranno difficilmente osservabili (e infatti nessuna e’ visibile ad occhio nudo).
Stesse considerazioni valgono per le nane bianche.
Ancora piu' marcata e' la differenza di luminosita’ tra le stelle nane M e le supergiganti della
stessa classe che sfiora le 30 magnitudini. Le stelle M piu’ deboli emettono cioe’
1/50'000'000'000 di quelle piu’ luminose. Siccome la temperatura e’ identica (e quindi l'emissione
di corpo nero produce la stessa radiazione per unita' di superficie), le supergiganti rosse
devono essere enormi e difatti stelle come Betelgeuse o Antares hanno dimensioni comparabili con
quelle dell’orbita di Giove.
Il divario in luminosita’ tra giganti e nane si riduce passando ai tipi piu’ caldi fino ad
annullarsi quasi completamente per le stelle di tipo O.
Anche se le stelle O-B-A sono relativamente rare, a causa della loro luminosita’ sono ben
rappresentate fra le costellazioni.
Classe | Mv. nane | Mv. giganti | Esempio Nane | Esempio Giganti |
O | ---- | < -4 | ---- | z Ori |
B | -4 a +2 | -5 | Spica | Rigel |
A | +2 | -6 | Vega | Deneb |
F | +4 | -7 | p3 Ori | a Per |
G | +5 | -7 | Sole, 9 Ceti, 16 Cyg, a Cen | 9 Peg |
K | +8 | -7 | 61 Cyg | e Peg |
M | +13 | -5 | 40 Eri C | Betelgeuse |
Come distinguere nane e giganti. Ruolo della densita'. Legge di Saha
E' lecito chiedersi come si possano distinguere una stella nana da una gigante se entrambe
appartengono alla stessa classe spettrale. In effetti la temperatura e' identica, ma molto
diversa e' la densita'.
Le stelle giganti e supergiganti, a causa delle grandi dimensioni, hanno densita’ piu’ basse
che producono profili di riga piu’ sottili. Non e' tutto. La bassa densita' sfavorisce
la ricombinazione degli ioni e quindi si osserva nelle giganti una maggiore intensita' delle
righe degli elementi ionizzati rispetto alle nane di pari classe.
Si puo' calcolare il rapporto tra le popolazioni di un atomo neutro e del suo ione considerando
l'equilibrio Ione+elettrone=Atomo neutro . Questo equilibrio
dipende dalla statistica di Bolzmann (e quindi dalla temperatura e dall'energia degli stati)
ma anche dalla densita'.
In particolare, se la densita' e' bassa (come nelle giganti), difficilmente uno ione passera'
talmente vicino ad un elettrone libero da ricombinarsi e si osservera' un eccesso di ioni.
Ne risulta la formula di Saha.
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Figura 7: Formula di Saha che consente di calcolare (ricorsivamente) i rapporti dei numeri
di atomi che si presentano in un certo stato di ionizzazione. Tali rapporti dipendono solo
dalle energie di ionizzazione (Ei) degli atomi, dalla temperature (T) e dalla pressione
elettronica (Pe).
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La maggiore intensita’ delle righe degli elementi ionizzati ha portato a classificare le
giganti in sottoclassi un po’ piu’ alte rispetto a quella che competerebbe loro solo in base
alla temperatura. In altre parole, bisogna tener conto del fatto che una nana e’ piu’ calda
di qualche centinaio di gradi K rispetto ad una gigante di pari classe spettrale.
Le pressioni elettroniche tipiche per le stelle di sequenza principale sono tra 10-6
e 10-4 atm e per le supergiganti di qualche ordine di grandezza piu' basso.
Le stelle piu' calde e piu' fredde. Stelle chimicamente peculiari
L’inizio e la fine della sequenza spettrale presentano una grande varieta’ di spettri che non
puo’ essere spiegata solamente con la dipendenza dalla temperatura e dalla densita’:
Sono stelle che per motivi evolutivi sono chimicamente peculiari.
Dalla parte delle stelle calde troviamo le stelle di Wolf-Rayet,
con larghe righe in emissione dovute agli strati piu’ interni della stella messi a nudo da imponenti venti stellari.
Dalla parte delle stelle M e K, troviamo astri particolarmente ricchi di carbonio. L’alta
concentrazione di carbonio riduce l’ossigeno disponibile per la formazione degli ossidi poiche’
e’ favorita la formazione di CO. Le bande del TiO, tipico delle stelle M cede allora il posto
allo ZrO nelle stelle S poiche’ lo Zr, benche’ piu’ raro, ha maggiore affinita’ del Ti per
l’ossigeno. Se l’ossigeno disponibile e’ del tutto assente scompaiono le bande di TiO e ZrO
per lasciare il posto alle bande del radicale C2. Sono queste le piu’ classiche
"stelle al carbonio" ,
classificate N, se la temperatura e’ comparabile a quella delle stelle M,
oppure R se la temperatura e’ comparabile a quella delle stelle K.
La figura 8 illustra la sequenza spettrale completa delle classi di stelle chimicamente
peculiari.
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Figura 8: La sequenza spettrale completa
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