Aprile |
La luce, sul finire del giorno, per un poco si ammorbidisce, perde la cristallina limpidezza delle ore mattutine e meridiane. I colori brillanti, i netti contorni sfumano nell’atmosfera dorata che lentamente si stempera in un tenue grigio, nel quale, impercettibilmente si accendono, via via, gli astri del cielo. La volta stellata ritrova la nuova stagione, nel riapparire, all’estremo lembo di settentrione, della azzurra luce di Vega, della splendida Deneb e nel profilarsi della figura di Ercole “il gigante inginocchiato”. L’orizzonte, nella prima sera, ne nasconde il capo, delineato da alfa, ma già si stendono il braccio che leva alta la clava con le stelle delta, lambda, mi, csi, omicron, e l’altro sul quale è ripiegata la pelle del leone nemeo ucciso, con le stelle beta e gamma. Tra le braccia la nebulosa planetaria NGC 6210. L’ammasso globulare M 13 forse ne rammenta il corpo più che il quadrilatero delle stelle zeta, eta, pi, epsilon. Il ginocchio si piega nella linea spezzata delle stelle sigma, tau, fi, upsilon, chi, mentre l’altra gamba con il bellissimo ammasso globulare M 92 e con la stella iota sembra tendersi a schiacciare la testa del Drago, che si snoda verso il Polo nell’alto cielo orientale. L’Orsa Maggiore è allo zenith spronata da Boote e dai Cani da Caccia. Sopra le foschie dell’orizzonte, spicca limpida la Corona Boreale dove è incastonata la bianca Perla o Gemma. Le prime deboli stelle della testa del Serpente seguono la Vergine, che da sud est procede nel suo cammino verso il meridiano, dove è giunto il Leone. Tutto l’occidente è illuminato dalla Via Lattea che lo attraversa da nord a sud e qui , prima del tramonto, sono riunite le più belle costellazioni del nostro cielo: Cassiopea e Perseo, l’Auriga e i Gemelli, Orione ed il Cane Maggiore. Il Toro in corsa li precede e Aldebaran pare accendersi di bagliori ancor più vivi, prima di scomparire. A sud ancora si stende in tutta la sua lunghezza l’Idra, che completamente è levata dall’orizzonte con il Corvo ed il Cratere. Un’antica leggenda lega queste 3 figure rappresentate vicine nelle tavole celesti. Si narra, infatti, che Apollo avesse ordinato ad un corvo di portargli una coppa, dopo averla riempita ad una fonte, perché potessero compiere con i dovuti riti un sacrificio a Giove. Il corvo, durante il volo, avvistato un albero di fichi vi si posò e poiché i fichi non erano ancora del tutto maturi, decise di aspettare che lo divenissero. Apollo, sdegnato per la lunga attesa, rimbrottò aspramente il corvo che codardamente accusò un serpente di averlo costretto alla disobbedienza. Il dio irato per la bugia stabilì che da quel momento i corvi, fino allora bianchi, divenissero per sempre neri e relegò per l’eternità corvo e coppa sul dorso dell’Idra. |
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